domenica 7 luglio 2013

Torrentismo:uno sport..daaa paura :-)

Perché no? Questa è stata la mia prima reazione (ed ormai filosofia di vita) quando un mio amico mi ha proposto di fare torrentismo (detto anche canyoing). Per chi non lo sapesse o per chi come me lo ha scoperto da poco, il torrentismo consiste nello scendere all’interno di strette gole (dette forre o canyon) percorse da corsi d’acqua più o meno potenti, trovandosi quindi ad attraversare scivoli, laghetti, discendere su cascate o tuffi vari.
A prescindere dalla difficoltà del percorso la cosa più pericolosa è che una volta iniziato il canyon l’unico modo per uscirne è alla fine, per cui non è possibile risalire in caso di emergenza. La cosa più bella è che solo attraverso questo sport si possono vedere e scoprire dei luoghi meravigliosi altrimenti inaccessibili.
Sabato mattina io e questo mio amico siamo partiti in direzione Valnerina per la Fossa del Casco dove avevamo appuntamento con Roberto, dell’Associazione Recovery Energy.
All’ inizio avevo capito che si sarebbe trattato di tuffi ma poi ho scoperto che il percorso si snodava attraverso una lunga forra e 12 calate (ovvero i punti di discesa che nel nostro caso erano composti da cascate). Non posso nascondere la paura iniziale, sentivo il cuore battere fortissimo e come sempre capita ho dubitato di me stessa e della mia capacità fisica. Ed invece alla prima discesa ho provato una sensazione pazzesca, un miscuglio di paura ed eccitazione quando capisci che devi fidarti di te stessa, dell’istruttore che ti prepara la corda e dell’attrezzatura.
Immaginate di essere dentro un cunicolo pieno di acqua, camminare all’ interno di esso, è bellissimo, sei dentro la roccia scavata da anni di passaggio di acqua, ti senti piccolo ma emozionato ed al tempo stesso sicuro perché hai la roccia che ti protegge…e poi arrivi alla fine del cunicolo e vedi il cielo e nient’altro… ti affacci e vedi che il cunicolo finisce in una cascata di 28 metri, lunghissima, bellissima che va giù come le montagne russe…e l’istruttore ti sorride e ti dice “sei pronta a scendere?”
In quel momento credo che la mia faccia rappresentasse la paura pura, guardavo giù e non credevo di essere li, davvero mi ero messa a scendere dalle cascate con una corda e un imbrago intorno alla vita? E poi capisci che lo devi fare ma lo devi fare bene, devi vivere quel momento appieno e ti devi fidare di te stesso, del tuo istruttore e della corda…una piccola colorata corda che ti sorregge per tutto il tempo.
E cosi arrivi e punti i piedi, ti metti in sicurezza con la long (una corda legata al tuo imbraco che serve a tenerti ferma mentre stanno legando la corda al discensore, uno strumento a forma di 8 fatto di metallo dove viene passata la corda per la discesa), poi ti giri, stacchi la long e ti butti all’ indietro nel vuoto pensando “fidati della corda” e dopo pochi secondi la corda ti tiene e sei pronta a scendere…beh quei pochi secondi sono stati i più paurosi ed eccitanti, per dodici volte ho sentito un esplosione nella mia pancia, non pensavo più di testa ma di istinto e la paura mista all'emozione era una sensazione bellissima.
Ma non era solo adrenalina allo stato puro, era consapevolezza di me stessa, era la forza di superare il proprio limite, la propria paura. A una calata, particolarmente ripida, bisognava mettersi in piedi su uno sperone di roccia ed aspettare di essere incordati. All'inizio panico, non riuscivo a trovare la posizione, avevo paura di scivolare ma poi mi sono fermata, sono tornata indietro e ho ricominciato di nuovo, fiduciosa delle mie capacità, orgogliosa di me stessa e ci sono riuscita.
Vincere le proprie paure che sono là con te, che non puoi nascondere sotto un tappeto perché devi uscire da quel canyon e devi farlo proprio passando attraverso quel muro di paure che vorresti evitare. E quando lo fai ti senti libero.
Ho voluto condividere questa mia esperienza perché proprio io, la bambina paffutella che era cosi insicura di tutto, di se stessa, del proprio corpo negli ultimi anni ha deciso di provarle tutte, piano piano, e ha scoperto che non ‘è cosi tanto male e riesce dove non pensava di riuscire.
Non ho scritto questo per darmi delle arie o con falsa modestia ma per condividere con altri questa esperienza e dire che tutti dovremmo fare qualcosa che ci fa paura  (ovviamente in sicurezza) per metterci alla prova, e vedere davvero quanto valiamo. Io ho deciso di farlo oggi, a contatto con la natura, e adesso, pur se dolorante e con qualche livido non vedo l’ora di rifarlo, di scendere da qualche cascata ed avere paura di nuovo, per combattere contro il mio cervello e dedicare la vittoria a me stessa.
E posso dire di essere orgogliosa anche del mio amico che ha sfidato le sue di paure e ha vinto alla grande!
Se vi va di scoprire la natura attraverso questo sport fatelo con Roberto e la sua squadra, bravissimi, pazienti e sempre con il sorriso!

http://www.recovery-energy.it


La foto non è mia, l'ho presa da Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/File:Vallon_de_Grana_(Valle_Roya_-_Francia).jpg - le mie arriveranno a breve

venerdì 24 maggio 2013

Positività questa sconosciuta



E cosi sono tornata dal mio meraviglioso viaggio…volevo scrivere di ogni paese visitato ma sono stata sommersa da tante cose ma prometto lo farò presto!

Ora però vorrei raccontarvi del mio post viaggio visto che tanti me lo chiedono e le loro reazioni sono le più svariate. 
Prima di tutto vorrei sottolineare che la mia non è stata una vacanza (detto da molti con tono sprezzante) ma un viaggio, un viaggio vero che mi ha portato a scoprire delle culture totalmente nuove, a toccare con mano la loro terra, a mangiare il loro cibo, a dormire in posti che “speriamo che non mi prendo qualcosa”, a lavarsi con un filo d’acqua gelida e a volte al buio perché  il generatore si era rotto, a condividere la stanza con animaletti vari o a fuggire letteralmente da un’altra perché vedi un enorme tarantola in bagno (e mi dispiace ma io non ce l’ho fatta proprio) e preferisci dormire con lo scarafaggio e le formiche.

Un viaggio dove dormi in autobus notturni malconci o in treni sgangherati, dove parli a gesti perché nessuno ti capisce,  dove aspetti il bus in mezzo al nulla alle 4 del mattino in compagnia di gente più strana di te.
Un viaggio meraviglioso, fatto di odori, sapori, sorrisi, pianti, terra, sporcizia, curiosità, stanchezza, allegria e dove non vorresti mai chiudere gli occhi per non perderti nulla.

Secondo vorrei dire che no, non sono ricca e no, non ho nascosto le mie ricchezze a tutti voi ma semplicemente avevo dei soldi messi da parte perché invece di comprarmi la borsa di Prada o Armani a 600 euro li tenevo per qualcosa di meglio (che ancora non sapevo). Lo so che non devo giustificarmi ma volevo fare questa precisazione perché sono stanca di sentirmi dire “beata te che te lo puoi permettere” da gente che indossa abiti e scarpe del valore di due miei stipendi. 
Chi mi conosce sa che non sono mai stata attratta dalla moda e dal marchio e che ho sempre preferito spendere  i miei soldini nei viaggi ma, come non ho giudicato chi è felice con Armani o Gucci non voglio nemmeno essere giudicata. L’ho detto!!! 

Il post viaggio? 
Da una parte bellissimo perché puoi condividere i tuoi ricordi migliori, le tue pazzie, puoi ritrovare i tuoi sapori e pensare a quelli scoperti e che proverai a ripetere (il mio pollo al curry è venuto buonissimo), puoi dare ai tuoi amici i pensierini che hai preso per loro perché anche loro erano presenti nel viaggio con te, puoi sentire i loro racconti, puoi berti un bel bicchiere di vino rosso e ridere con loro di quando ti sei mangiata i vermi!

Dall'altra parte triste, perché vorresti continuare a viaggiare perché il viaggio è una fluido magico che ti entra dentro e che difficilmente ti lascia andare.  Pesante perché le situazioni personali più difficili che avevi lasciato sono ancora là e anzi lo sono diventate ancora di più ma capisci che alla fine le persone non cambiano e tu non puoi stare male e cercare di cambiare per loro per cui metti una toppa su quel dolore e vai avanti.

Ma senza che mi e vi rattristo vi racconto di quello che mi sta accadendo in questi giorni. Al momento sto cercando lavoro e pur sapendo che la situazione non è delle migliori non mi fermo ma ogni giorno mando curriculum sperando di essere chiamata. 
Le domande che mi vengono fatte dalle persone che incontro sono “come è stato il rientro” e “hai trovato lavoro”. Alla mia risposta “bene grazie e ancora no ma sto cercando” alcune di loro assumono una  espressione quasi alla shining, respirano e poi con un’espressione tra il compassionevole e il “te lo avevo detto”  si lanciano con un “eeeeeeeeeee” per poi dirmi quanto sarà difficile trovare lavoro, che al momento non c’è nulla, che la situazione è proprio brutta brutta….però vedi che qualcosa la trovi…forse” della serie : “ sei partita? Ora fottiti!!”

La scelta di lasciare il lavoro è stata difficile e non presa alla leggera ma non è questo il luogo adatto per parlarne.  Non voglio essere consolata o compatita perché non trovo lavoro e probabilmente dovrò fare lavoretti part time finché la situazione non migliora, perché lo so e quando ho deciso di lasciare il mio posto di lavoro ne ero consapevole.

Ma almeno…non rompetemi le palle con la vostra negatività !! Perché essere cosi negativi? Perché dover buttare addosso a chi cerca di essere felice le proprie ansie e le proprie paure?

Una volta avevo scritto che non bisogna chiedere scusa se si è felice ed è proprio cosi!

Purtroppo, e dico purtroppo, ho una sensibilità molto elevata…no, non piango per me e anzi mi tengo le mie cose per me senza piangermi addosso ma se vedo una persona anziana per strada che chiede l’elemosina, se leggo di gente che è disperata perché ha perso il lavoro, delle donne violentate durante la guerra, se vedo bambini con delle malformazioni, e se guardo come il mondo è cattivo io piango, piango per gli altri, piango perché c’è gente cosi speciale e buona che se la prende sempre nel di dietro quando le persone più egoiste la fanno sempre franca. 
Non riesco ad escludere questa parte del mondo che anche se non mi tocca personalmente esiste e soffre.

Durante il mio viaggio io ero felice, puramente felice, non ho tolto niente a nessuno (casomai solo alle poste italiane che hanno visto il mio conto corrente scendere) ma alcune persone mi hanno fatto sentire in colpa perché….ero felice! Incredibile vero? Ed io scema a dispiacermi per loro! 

Poi è arrivato il viaggio che mi ha preso per mano e mi ha sussurrato all'orecchio che dovevo vivere per me, essere felice per la felicità altrui e godermi la mia e tutto quel senso di ansia è sparito.

Ora sto combattendo contro questo muro di negatività , ascolto i loro discorsi e quando mi prospettano un futuro nero, senza lavoro, senza soldi, perché si mi sono permessa di lasciare il mio lavoro invece di baciare terra perché lavoravo, io chiudo gli occhi, penso al mio viaggio e…sorrido.


Non chiedete mai scusa se siete felici ma spargete la vostra energia positiva nel mondo.

martedì 8 gennaio 2013

Noi stessi...un'utopia?


Tra qualche giorno la mia vita cambierà..sono in partenza e seppure felice sono piena di dubbi.
Ho fatto bene a mollare tutto? Ho fatto bene a partire?
Le risposte sono sicuramente positive ma poi scatta qualcosa nella mia mente e mi rendo conto che il più grande nemico di me stessa è la mia mente, sempre pronta a distorcere le cose, analizzarle, pensare al negativo per darmi quel senso di ansia difficile da far andare via.
Allora mi chiedo…ma noi chi siamo? Perché abbiamo sempre paura di tutto? Perché non ci rendiamo conto della nostra fortuna, della nostra vita con tutti i suoi alti e bassi quando davvero ci sono persone che stanno cosi male da non poter nemmeno pensare?
Noi siamo il risultato di una società che ha impostato la paura per il controllo dei suoi abitanti, perché se si ha paura non si desidera, non si pensa e non si agisce.
Io ho avuto paura tante volte il più delle quali erano paure che avevo creato io, ombre che mi aspettavo di vedere da un momento all’altro e che non mi permettevano di gioire di quello che stavo facendo o avrei fatto. Peggio ancora a ripensare a tutte le cose che non ho fatto per paura di…di che? Di far arrabbiare i miei genitori? Di essere scoperta? Di farmi male?
Queste cose succederanno sempre, non dipendono unicamente da noi ma dal destino che leva e mette senza darci una spiegazione logica.
L’anno scorso un ragazzo allegro, pazzerello, irriverente ha deciso di intraprendere una nuova avventura e ci ha lasciati …per me decidere di abbandonare la vita era qualcosa che si leggeva sul giornale, si vedeva nel film e veniva fatto da persone disperate, malate, povere…e lui non lo era..o forse si?
Cosa aveva dentro di cosi forte, profondo e terribilmente nascosto che non è riuscito più a vivere?
Credo che lui amasse la vita tantissimo e forse l’amava cosi tanto da non poterla più accettare come era…mille domande, perché? Perché non ha parlato? Perché non ha chiesto aiuto?
A nessuna di queste avremo una risposta ma la sua scelta ha lasciato tanta tristezza in me non solo perché ora non posso vedere più quel suo sorriso da impunito ma perché mi fa capire come siamo cosi stretti dalle nostre paure, dal non potere essere chi vogliamo, che alla fine veniamo assorbiti da un buco nero da cui non si riesce più ad uscire.
Essere se stessi fa male, fa male a noi perché cominciamo a sentire l’aria che manca, ma fa male anche agli altri che non ci riconoscono più perché non siamo chi dovremmo essere, siamo diversi a volte cattivi, facciamo domande che spaventano e agiamo…
Le mie scelte non sempre sono state davvero mie e in quel momento senti che ti stai appassendo sempre un pochino di più..certo, si può sempre dire no ma…non sempre si può dire no.
Veniamo messi al mondo con delle aspettative che non sempre riusciamo o vogliamo sostenere, perché non abbiamo scelto noi di nascere ma vorremmo scegliere noi come vivere e come morire.
La mia scelta di mollare tutto e di partire per un viaggio che si aprirà nel tempo porterà tante cose, belle e brutte…mi sono dimessa dal lavoro, quando in Italia la gente muore di fame, quando c’è la crisi, quando stiamo morendo tutti di fronte allo schifo che sta succedendo…e io ho invece ho fatto un passo indietro e mi sono discostata e ho deciso che non andava più bene cosi, che dovevo fare qualcosa per me e dire basta.
Essere se stessi fa male anche le persone che ti amano davvero, alcune ti sostengono perché amare vuol dire lasciare liberi , altre ti criticano spietatamente e riflettono in te tutte le loro ansie e sogni non realizzati, ed invece di essere contenti perché tu ci stai provando senza se e senza ma, lasciando tutto, provandoci con tutta te stessa, sono lì ad affondare nei tuoi lati più deboli.
Agire non vuol dire non avere più paura ma solo provare ad affrontarla e vedere chi vince in questo combattimento interno tra il cuore e la testa, tra il corpo e l’anima.
Vuol dire sciogliere quel cordone ombelicale che ci trattiene, come se dall’ombelico facessimo uscire tutta la nostra potenza, il nostro colore, noi e solo noi.
Allora mi chiedo…perché essere noi stessi è cosi difficile?