domenica 10 giugno 2018


Ieri sono stata al  Gay Pride, e mentre tornavo a casa ero carica di energia, emozionata per la giornata e dagli interventi finali molto belli e purtroppo molto veri.
Ma ero felice, felice di essere andata, felice di aver visto tantissime persone presenti e poi...il nulla...la copertura giornalistica è stata minima, che già di per se è vergognoso ma poi ho sentito questa frase al telegiornale " il Gay Pride è la manifestazione per i diritti degli omosessuali".

Questa affermazione è falsa e anche molto ma molto riduttiva di quello che realmente è il Gay Pride e di cosa voglia essere. Il Gay Pride è la manifestazione per il diritto ad essere se stessi, non importa che tu sia etero, gay, bisex, trisex, trans, trans gender, devi essere libero di amare chi vuoi,vivere come vuoi senza che nessuno si permetta di giudicare.

E' la manifestazione per mostrare di essere orgogliosi di essere e di esistere in un momento in cui chi ci dovrebbe governare e supportare sta lanciando messaggi di odio, messaggi molto pericolosi, messaggi ipocriti e vergognosi.


Il Gay Pride riguarda tutti noi, riguarda chi ama in maniera differente dalla “normalità”, riguarda chi un figlio non lo vuole ma si sente comunque una famiglia, riguarda chi il figlio lo vuole ma non può tenerlo, riguarda chi ama la vita ma decide di suicidarsi piuttosto che affrontare l’onta di essere diverso.

Il Gay Pride riguarda tutti noi nessuno escluso.

Riguarda anche te mio caro etero perché quando i diritti di una persona vengono calpestati anche i tuoi lo sono, perché forse non a te ma a qualcuno di vicino capiterà di essere "diverso" e tu non avrai fatto nulla per proteggerlo.

Io c’ero al Gay Pride e quello che ho visto non erano “checche isteriche che ballano” (cit) ma persone che come me, come il ragazzo con i tacchi a spillo, la mamma con il bimbo, la signora con il marito, la ragazza tatuata, il ragazzo con il frustino erano li per dire “basta”.

Basta a chi vuole decidere della nostra vita, decidendo cosa è l’amore e probabilmente non lo ha neanche mai provato, a chi si permette di dire che le persone “diverse” non esistono, che la normalità è quella che conta.

La normalità è essere diversi, noi siamo diversi di natura, siamo alti e bassi, magri e grassi, biondi e mori, abbiamo voci diverse, abbiamo gusti diversi, abbiamo vite diverse, e amiamo in maniera diversa.

Basta a chi non sa cosa vuol dire dover ammettere a se stesso di essere “diverso”, a chi ogni giorno deve fare una battaglia con se stessa/o per accettarsi e poi farsi accettare dalle persone più vicine e che si amano di più che a volte sono quelle che reagiscono nella maniera più brutta.

C’era una ragazza con uno sguardo molto triste e un cartello “essere trans vuol dire combattere contro tutti e contro se stessi”. Ecco.

E noi, la società, la scuola, la famiglia dovremmo abbracciarla e non ridicolizzarla.

Io ero li per dire che non la famiglia non è un papà una mamma e un figlio ma la famiglia è amore e l’amore non ha forma né dimensioni.

Senza figli la famiglia esiste lo stesso, con due papà o due mamme la famiglia esiste lo stesso, con un papà o con una mamma la famiglia esiste lo stesso, la famiglia è l’insieme di chi ha deciso di stare insieme e non l’equazione pene + vagina.

Noi esistiamo.

Io voglio vivere in un mondo dove mio figlio, mia figlia, mia sorella, mio fratello, mia cugina, mio cugino,mio nipote, mia nipote, la mia amica, il mio amico saranno liberi di amare chi vogliono, di vivere come vogliono senza nessuno che si permetta di giudicare e decidere come vivere.

E se lo si fa ballando, sorridendo, ridendo senza fare male a nessuno meglio ancora visto il momento di tristezza e grigiume atomico che stiamo passando.

Il Gay Pride è questo e molto altro e noi dovremmo ringraziare chi da anni combatte per la sua e la nostra libertà e felicità. 
Il Gay Pride è orgoglio e tutti noi dovremmo esserne parte.

E ricordiamoci sempre...
- FASCI + FROCI!

venerdì 15 dicembre 2017




Mostar


Ci sono viaggi che nascono per caso e che ti travolgono durante il percorso.

Quest’estate sono andata in Montenegro e Bosnia, sorrido al pensiero che le mie più grandi aspettative fossero sul Montenegro, per la sua natura, per il fatto di essere ancora poco turistico al quale abbiamo aggiunto la Bosnia sulla base di tante tante persone che mi hanno detto che Sarajevo fosse una città splendida.

Cosi il nostro itinerario si è cominciato a delineare ma più leggevo e più volevo sapere, più ricordavo cosa era davvero la Bosnia e cosa era successo anni fa e più capivo che bisogna rimanere di più, bisogna dedicare il giusto tempo alla memoria. Può sembrare assurdo ma almeno la sottoscritta aveva dimenticato che solo 20 anni fa a 1 ora di aereo c’era stata la guerra, avevo dimenticato quando guardavo Rai 1 e vedevo le città bombardate, i miei ricordi sono immagini grigi e spari continui, gente che urlava e bambini che piangevano.
Ma purtroppo le guerre non insegnano e dopo Sarajevo è iniziata la Siria, lo Yemen e tante altre situazioni in cui molte volte non vogliamo vedere o sentire.

Tornando a noi,  la Bosnia è diventata anche Mostar e soprattutto Srebenica.  Ecco, Srebenica la città (almeno da me) dimenticata è diventato il luogo più triste e intenso che abbia visitato, il luogo a cui ancora penso e quello che mi fa venire le lacrime quando ne parlo.
Srebenica rappresenta il male, rappresenta la cattiveria dell’uomo e la sua stupidità, Montanelli una volta disse “Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente” e io aggiungerei del proprio futuro.
Black Lake

Ma iniziamo... dal Montenegro.

Siamo atterrati la domenica sera a Podgorica (abbiamo dormito all’Hotel Laguna, loro davvero carini e gentili) e la mattina seguente di buon ora abbiamo preso un mini furgoncino che dopo 3 ore ci ha portato nella cittadina di Zabjlack per visitare il Durmitor National Park dove saremmo rimasti 2 giorni e mezzo.
Il viaggio è stato, come dire, interessante, non c’era più posto per noi dietro per cui ci siamo seduti vicino al guidatore osservandolo con una certa ehm preoccupazione mentre guidava e fumava, si apriva birra e parlava al telefonino (veniva chiamato circa ogni 5 minuti)
Ho scoperto che è uso che aspettare il bus anche in fermata non ordinarie, in mezzo al nulla o vicino al un albergo e lui si fermerà…sempre.
Abbiamo dormito da Rooms and Bungalows di Sreten Žugić – Sreten è un ragazzo adorabile e insieme al fratello (di 18 anni che è il manager!!) portano avanti questo business insieme ad altre mille attività. Ci hanno davvero accolto, consigliato, abbiamo fatto il jeep safari (è costato 60 euro a testa ma ne valeva davvero la pena) e ci siamo sentiti davvero bene. 
Il bagno è in comune ma credo di non aver mai trovato un posto cosi pulito, sempre rifornito di shampoo, balsamo e il giorno della partenza ci ha anche dato degli asciugamani nuovi per farci la doccia prima di partire (dettaglio che può sembrare poco importante ma in altre esperienze già se chiedevi di andare in bagno ti guardavano male).
Ci sono venuti a prendere e ci hanno portato alla stazione dei bus, Sreten è fuori di testa quando guida e si diverte un sacco e ha condiviso con noi tanto.

Black Lake
Il Durmitor Park (parco nazionale con ingresso di € 2 al giorno ma si può anche fare una tessera per una settimana) è stupendo, il lago più famoso è il Black Lake (anche se a me pareva verde), si può passeggiare, nuotare, affittare una barchetta, camminare e mangiare dai piccoli chioschi dei succulenti frutti rossi…yummi! Non avevamo considerato che essendo al nord ed essendo in montagna facesse moooolto freddo per cui io andavo in giro modello cipolla avanzato ovvero tutto quello che avevo lo mettevo (uno spettacolo molto sexy devo dire).
Siamo andati sul ponte Tara dove ho provato l’ebbrezza della zip line, a parte il cuore a mille è stato bellissimo, ce ne sono due di zip line una corta e una più lunga ma ci hanno consigliato quella corta perché sembra che l’altra non abbia tutti i permessi….poi non so se sia vero o se fossero amici di Sreten ma perché rischiare?
E cosi il 16 agosto abbiamo affrontato un viaggio un pochino più lungo ovvero Zbajlack – Niksic dove avremo aspettato fino alle 01.45 del mattino (il bus era previsto per le 00.40), poi Niksic – Sarajevo in notturna con passaggio frontiera e poi arrivati a Sarajevo saremmo ripartiti dopo poco per Srebenica.
Piccola nota: la stazione di Niksic chiude alle 22 per cui il bus per Sarajevo si aspetta in mezzo alla strada, di fronte l’ufficio postale. Non è stato facile capirlo perché, stranamente, li nessuno parlava inglese ma tutti hanno confermato che il bus passava li. A parte i primi momenti di dubbio ci siamo arresi all'evidenza (mi era già successo in turchia dove la fermata del bus era un albero di mele ma all'inizio non eravamo proprio tanti sicuri del "ferma li fidati" )e alla fine, molto alla fine, l’autobus è arrivato.
Non è stato il massimo aspettare ore per strada ma non facevo freddo e alla fine ce l’abbiamo fatta e il nostro mitico driver ci ha portato dopo circa 6 ore a Sarajevo. Evito di raccontare le condizioni del bus e della gente che ci dormiva, del fatto che ci hanno controllato i biglietti varie volte senza motivo svegliandoci in continuazione e non è stato il viaggio più riposante della mia vita ma alla fine siamo arrivati a Sarajevo alle 06.30 (alla stazione secondaria che si chiama Istočno Sarajevo) perfetta perché proprio da li partiva il bus per Srebenica e...eravamo in Bosnia!

Saremmo dovuti arrivare a Srebenica alle 12.48 ma per motivi sconosciuti ci abbiamo messo molto ma molto di più, ma vabbè, è stato comunque molto bello passare per tutti i villaggi, vedere come il paesaggio a tratti ricordi la Toscana, sia molto più verde di quello che mi aspettassi.
A Srebenica abbiamo alloggiato all’ostello (l’unico che c’è) vicino alla fermata del bus.
Srebenica lascierà per sempre un ricordo dentro di me.
La sera abbiamo mangiato da Bato, un ristornate vicino all'ostello. Quando siamo arrivati era chiuso ma il proprietario ha aperto per noi. Partendo dal fatto che non parlava inglese e che io sono vegetariana mi sono vista mangiare riso e pane ed invece, quando gli ho detto che era vegetarian lui ha farfugliato qualcosa ed è sparito, ritornando dopo poco con un piatto di verdure buonissime e del pane fatto in casa.
Non so bene come (lui parla serbo e io...no!) ma io e lui ci siamo messi a chiacchierare, mi ha mostrato le bottiglie di vino da collezione, mi ha detto che lui era in una band musicale, che prima c’era tanta gente che veniva per via delle terme ma che la guerra ha cambiato tutto.  Ci ha offerto da bere (rajkia), cibo ottimo e che dire, a un certo punto è andato a casa a prendere delle cose e ci ha lasciato li, dicendo di non affrettarci e che sarebbe tornato (tutto detto a gesti). Ci ha fatto strano, la fiducia di una persona per delle persone mai viste prima.
Io mi sono letteralmente innamorata di quel signore, della sua gentilezza e delle sue verdure fantastiche.
Cimitero di Srebenica
Il giorno dopo siamo andati al Memorial Centre, per arrivarci si ferma il primo taxi che passa e si condivide il passaggio (molto divertente), la tariffa è fissa ovvero 2,50 a corsa e credo che ci sia un tassista solo visto che sia all'andata che al ritorno abbiamo incontrato lo stesso :-) 
Il Memorial Centre è un pugno nello stomaco.
Prima si entra all'interno del capannone (una vecchia fabbrica dove i militari olandesi fecero base) dove si trovano le foto e le storie di alcune delle persone  - 8372 per la precisione – che furono  uccise dalle truppe di Ratko Mladić .
8372.

Memorial Center, Srebenica
E il numero non è ancora finito.
Nelle teche ci sono i loro oggetti, queste persone non sapevano che sarebbe state uccise, ci sono lo spazzolini, le sigarette, il pettine, un orologio, gli era stato detto che sarebbero state messe in salvo e invece sono state brutalmente uccise. Quello che più mi ha impressionato è pensare che una intera generazione, quella del 1979, la mia, non esiste più.


Memorial Center, Srebenica
Memorial Center, Srebenica
Nella seconda parte del percorso un video ripercorre i giorni prima del massacro, con filmati molto crudi, molto crudi, con urla disperate, persone che non capiscono, non hanno fatto nulla perché si trovano li, perché vengono uccise, umiliate, in un video si vedono 6 persone che vengono caricate su un pulmino, derise e prese a calci, poi fatte scendere.
Fatte stendere, derise, fatte alzare e camminare per 10 km.
Le prime 4 vengono uccise e le altre due devono sistemare i corpi sapendo che quella sarà la loro fine. E poi vengono uccise.

Io non posso fare testo perché il mio livello di empatia racchiude tutto l’universo ed ero l’unica che piangeva come un fontanone, non solo per il video in sé ma perché a queste persone era stato detto che sarebbero state portate via, in salvo, ed invece sono state divise, uomini a destra, donne a sinistra, e tutti gli uomini sono stati uccisi, in varie città, li hanno fatti camminare e camminare per km e ne uccidevano a migliaia e poi ricominciava la marcia, senza un perché.
Cimitero di Srebenica
Secondo alcuni, nel momento della partenza dei bus quando Mladić  dice che non devono preoccuparsi perché loro non c’entrano niente e saranno messi in salvo, qualcosa è scattato nella sua testa e ha deciso di vendicarsi per una vecchia sconfitta con i turchi, disse ““è tempo di prenderci la nostra rivincita contro i Turchi”. 
E li è iniziato quello che tutti ricorderemo come il massacro di Srebenica.

I video, le foto, i processi contro i soldati olandesi sono molto forti, l’aiuto richiesto non arrivò mai e persone innocenti vennero uccise. Ma la cosa più tragica è che per cancellare le tracce i corpi vennero spostati con le ruspe e i resti si sono trovati nell'arco di più di 50 km. Inoltre, ogni singolo anno, per la ricorrenza dell’11 luglio un enorme camion arriva e porta con sé nuova ossa che nel frattempo sono state ritrovate e riconosciute per ricongiungerle con il suo proprietario o per aprire nuove tombe.
La perdita di una persona cara è straziante ma, perderla perché altre persone hanno deciso di giocare a Dio non è accettabile, sapere che il suo corpo non è stato rispettato neanche dopo la morte e che una parte non sarà mai ritrovata può lacerare per sempre il corpo e l’anima delle persone.
Tutti, tutti hanno riconosciuto che quello che è successo a Srebenica è stato vergognoso, ma guardando le foto nel capannone ho capito che non è cambiato nulla.  A quelle foto bastava cambiare il nome e l’anno e davanti a me avrei avuto la Siria adesso nel 2017. 
22 anni dopo nulla è cambiato.
Anzi, è solamente peggiorato.
Non è la prima volta che visito paesi dove ci sono stati massacri, anche perché non credo esistano paesi in cui l’avidità dell’uomo non sia arrivata, ma questo posto mi ha colpito molto e mi rimarrà sempre nel cuore.

Il giorno dopo siamo tornati a Sarajevo, sempre con il mitico pulmino e da li con un autobus abbiamo raggiunto il nostro airbnb. E’ strano cominciare a notare che i palazzi sono pieni di buchi, ti viene da pensare che come a Roma sia perché sono vecchi e l’intonaco cade ma poi capisci che sono troppo perfetti e troppi tutti insieme e la memoria ti ricorda quello che hai letto su google.
Sono colpi di mortaio, e la memoria va alle immagini del tg5 quando si vedevano palazzi bombardati e gente che correva. A un’ora di aereo da casa mia.

Sarajevo è una città bellissima, piena di storia, divisa in due tra oriente e occidente.
Shopping alternativo, Sarajevo
Personalmente la parte occidentale non mi è piaciuta, pur essendo bella non ha quel particolare che fa la differenza, troppi pub e troppo rumore mentre entrando nella parte orientale si fa un passo indietro. Il quartiere turco si chiama Bascarsija (quartiere costruito nel XV secolo nato come mercato ) ed è un dedalo di viuzze, cunicoli, pieni anzi strapieni di negozietti, ristoranti, piccoli posticini per bere il loro famoso caffè (che devo dire ho preferito rispetto a quello turco). Tra questi vicoli ho visto una signora che vendeva dei centrotavola ricamati da lei e figuriamoci, ho completamente dimenticato i negozi e sono andata da lei la quale quando ha capito che non solo compravo ma non volevo nessuno sconto (io li picchierei quelli che chiedono sconti in queste occasioni) ha cominciato a tirarmi baci a più non posso.

Piazza degli scacchi, Sarajevo

Passeggiare per Sarajevo è come entrare e uscire in realtà diverse e sovrapposte, si può godere di un caffè e di un baklava in centro e poi camminando fuori dal centro guardare i palazzi che riportano le ferite della guerra o le famose rose per la strada che indicano dove sono caduti i mortai.

Per non dimenticare
L'assedio di Sarajevo, avvenuto durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina, è durato dal dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996. L’assedio più lungo nella storia bellica moderna.
Con 3.777 bombe sganciate il 22 luglio 1993.


                                    3.777 bombe in un giorno solo.



Sarajevo
Tunnel di Sarajevo
Tunnel di Sarajevo
Siamo stati a vedere il tunnel di Sarajevo (Agenzia Insider), che negli anni di assedio ha permesso alle persone di recuperare cibo, armi, pannolini, cibo per bambini, assorbenti, cerotti, medicine, tutte le piccole cose che servono per vivere e sopravvivere quando vieni bombardato ogni singolo giorno a ogni ora. Abbiamo visto alcuni video, e la memoria mi ha ricordato che quei video li vedevo prima di andare a liceo, vedi persone che corrono mentre nella strada sparano, vivi non sapendo mai quando ti prenderanno.

Abbiamo partecipato a una visita gratuita in città (parte di fronte l'agenzia Insider), con la guida più pazza e brava che abbia mai conosciuto, che non si è addentrato nella storia – quella si può trovare su wikipedia – ma sui dettagli di una guerra che li ha distrutti nell'anima e nel corpo.
Chi sapeva che alcuni persone (non ricordo bene la nazionalità mi pare russi e francesi) pagavano per sparare ai civili? Si appostavano sulle montagne intorno a Sarajevo e facevano il tiro al bersaglio. Sulle persone.
E che la bellissima biblioteca Vijecnica fu data alle fiamme per il gioco di tre cecchini, con la conseguenza che oltre 1 milioni di libri andarono perduti e il simbolo della convivenza dei popoli,del passato che portava con se le testimonianze di culture antiche distrutte.. E se un libro non vale la vita di una persona mi fa comunque tanta tristezza pensare come l’uomo si sia autodistruggendo.

Ma poi, per ridarci speranza nell’uomo, ci ha raccontato la storia di Gazi-Husrev Beg, militare ottomano, che con la sua mente e le sue donazioni cambio per sempre Sarajevo. Un giorno Gazi Husvrev  Beg guarando il cielo cosa altro poteva fare per la sua città quando vide un piccolo gatto camminargli davanti. E li capì, non aveva pensato agli animali e cosi costruì davanti alla moschea una piccola pietra con un buco dove c’è sempre dell’acqua per qualsiasi animale abbia la necessità di bere.
Ha fatto costruire un orologio che segna quanto tempo manca al tramonto, perché è importante terminare di lavorare e tornare a casa dai propri cari.
Un persona illuminata.
Inoltre abbiamo scoperto che quando si muore il valore della persona si vede dalla grandezza del turbante che viene posto sulla tomba..il suo enorme e bellissimo.
Da Sarajevo ci siamo spostati a Mostar con il treno, comodo, pulito e con wi fi in ogni carrozza (e un film con Brad Pitt in lingua originale con sottotitoli)..altro che le ferrovie non funzionano!
Ho sempre adorato il treno perché ti permette di vedere alcune zone dove neanche con la macchina riusciresti ad andare, e è stato un viaggio davvero meraviglioso passando tra le montagne e i piccoli villaggi racchiusi . Arrivati a Mostar il nostro mitico host ci è venuto a prendere (Pansion Villa Anja). Non riuscivano a trovarci ma è venuto in nostro aiuto un tassista che lo ha chiamato e gli ha dato la nostra posizione.

Ma come fai a non amarli?


Mostar è una cittadina davvero bella, il ponte ricostruito è molto affascinante anche se scivoloso e infatti io l’ho percorso quasi sempre a piedi scalzi che altrimenti avrei fatto un volo non indifferente. La città è piena di negozietti meravigliosi, io avrei voluto comprare tutto, tutto!!! Chi lavora il rame, chi vende quelle meravigliose lampade tutte colorate che sono il mio sogno, chi ha bellissime borsette fatte a mano….mi sarei voluta comprare l’intera città!

Se da una parte Mostar vuole crescere e aprirsi ai turisti dall'altra non vuole dimenticare ciò che è accaduto nel 1993 e in giro per la strada si trovano tanti riferimenti a questo sentimento. La più famosa è la pietra che si trova all'inizio (o alla fine) del ponte di Mostar e su una tettoia di un bar è possibile vedere una enorme scritta " Don't forget. But do forgive. Forever". E temo che questo monito sia stato disatteso più e più volte.

Abbiamo deciso di fare un tour enogastronomico perché leggendo qua e là ho scoperto che l’Erzegovina è famosa per il vino e quindi bisogna testare!!  Abbiamo scelto Mostar X Adventures, è stata davvero una scelta di pancia, chiedendo in giro le persone che presentavano il tour erano scocciate 
o poco informate mentre loro ci sono sembrati subito sul pezzo!

Wine tasting

Io ho una memoria terribile per i nomi quindi non mi ricordo il nome del ragazzo che ci ha accompagnato ma siamo stati benissimo. Dovevano essere poche ore e si sono trasformate in un pomeriggio/sera di chiacchiere, di degustazioni, di vigneti meravigliosi. Abbiamo avuto modo di conoscere gli “anziani delle vigne” che ci hanno raccontato la loro storia, mostrato orgogliosamente la loro uva e spiegandoci il procedimento di produzione dei vini (io in mezzo a mille bottiglie di vino…oooooo meravigliaaa!).

Monastero di Tekija
Kravice
Pocitelj 

Il giorno dopo abbiamo fatto, sempre con la stessa agenzia, un giro della Herzegovina visitando il Monastero di Tekija (monastero derviscio costruito nel 1520 oggi monumento nazionale che si trova nella città di Blagaj, il villaggio di Pocitelj, le cascate di Kravice (belle ma troppo turistiche e con un acqua gelata!) e poi abbiamo deciso di visitare Medjugore ..io me l’aspettavo completamente diversa e non come uno stadio con palco e sedie e tendoni da festa ma ovviamente ognuno ricerca la fede dove crede.

Curiosando qua e là ho scoperto un piccolo e incantevole caffè
Caffe de Alma
 (Caffè de Alma) gestito da un ragazzo del posto molto gentile che ha aperto questo locale dove vende una esperienza a 360° per gli amanti del caffè. Lui sceglie, compra, macina i chicchi e prepara il caffè nella vecchia maniera, ti spiega come berlo anzi sorseggiarlo e per me che il caffè lo bevo in tempi record tra 5 e 6 secondi mi fa strano come si possano passare ore davanti a una tazza di caffè.

Mostar è deliziosa anche di sera e se volete passare una serata con della musica dal vivo, seduti per terra davanti al ponte e bevendo ottima rajka a poco prezzo andate al Old Dog Pub.
Il giorno dopo il nostro viaggio ci porta a Podgorica e stavolta abbiamo scelto il bus – all’andata era buio ma stavolta ho potuto ammirare un panorama pazzesco alla frontiera che si trova incastonata tra le montagne.
Non ho avuto tempo di fare delle foto decenti ma sono rimasta davvero senza parole. Per quanto riguarda la città di Podgorica mi soffermerò poco visto che, ahimè, c’era davvero poco da vedere….abbiamo camminato per ore in giro per la città alla ricerca delle piccole strade, delle piccole sinagoghe ma purtroppo è una città prettamente commerciale e d’affari quindi non mi ha entusiasmato.
Abbiamo dormito al Room Centar.

La mattina dopo abbiamo preso il treno per Virpazar che è la cittadina da cui si accede al lago di Scutari  - anche detto Skatar(€1). Il lago di Scutari è il più grande lago della penisola balcanica ed è situato tra il confine dell’Albania e il Montenegro.  Il nostro affittacamere
Rakija 
era centralissimo (anche perché il posto è davvero piccolo) e la signo
ra ha subito conquistato il mio cuore offrendoci appena arrivati – ore 9.30 del mattino – un bicchierino di Rakija olè! Chi ero io per rifiutare un cosi gentile gesto?

Il figlio della signora (Pedja Vuletic – pedja.vuletic@t-com.me) aveva una piccola agenzia e con lui abbiamo fatto il giro del lago, ti senti davvero piccolo piccolo visto la grandezza del lago e ti verrebbe voglia di tuffarti tra le splendide ninfee che galleggiano sulla superficie e sono l’appoggio sicuro per tanti uccelli.  Sono sincera, il paesino di Virpazar non mi ha emozionato particolarmente, avevo letto che si potevano fare tantissime cose ma arrivati li abbiamo scoperto che per raggiungere le grotte o altre località serviva la macchina e pur provandoci non siamo riusciti a trovare un modo per andarci e neanche l’ufficio turistico ci hanno dato altre alternative.
Lago di Scutari
Imbarcadero
Inoltre in tutto le guide veniva indicata la possibilità di fare giri in barca anche di 3 o 4 ore per visitare monasteri, vecchi villaggi di pescatori e le piccole isole ma invece tutti offrivano un giro solo di 1 ora e mezza – non ho ben capito perché.

Abbiamo quindi deciso di camminare lungo la montagna e devo dire che la vista era spettacolare, i colori autunnali (anche se era agosto) rendevano il tutto più affascinante. Purtroppo c’è stato un grande incendio e a parte l’aria irrespirabile vedere una scia di fuoco lambire la montagna è qualcosa che mi rattrista tantissimo, vedere la natura bruciare e sentirsi impotente. Stessa cosa era successa vicino Mostar, km e km di montagna rasa al suolo, sarà che sono estremamente empaticata sarà che la bellezza della natura è qualcosa di cui non tutti si rendono conto ma gli incendi mi hanno sempre causato una enorme tristezza.
Abbiamo scoperto una vecchia chiesa completamente ristrutturata da cui si ha una visuale a tutto tondo del lago – Ulaznica costo € 1.
Lago di Scutari
Il nostro pomeriggio è stato però allietato da due signori, il primo ci ha offerto dell’acqua visto che c’erano 1000 gradi (io mi ero offerta di pagare ovviamente) e un secondo che ci ha offerto un passaggio in macchina. Una della macchina più zozze che abbia mai visto con la cenere che svolazzava da ogni parte e mille sigarette qua e là ma lui, un personaggio fantastico. Quando ha saputo che eravamo italiani e soprattutto romani ha detto “w totti” ahahah stupendo!
La sera abbiamo mangiato su un barcone ancorato, ci sentivamo dei pirati all’arembaggio e ci ha fatto compagnia un micio simpaticissimo e molto affamato.
Il giorno dopo siamo tornati a Podgorica e ripartiti per Roma.

A livello di cibo posso dire che come vegetariana sono sopravvissuta benissimo (adattandomi ovviamente), che la Rakija è buonissima e che non abbiamo mai avuto problemi, che ogni singolo negoziante ci ha fatto lo scontrino, che nessuno ha cercato di fregarci anche quando salivamo a bordo dei taxi al volo o mangiavamo cibo nei localini di strada senza chiedere prima il prezzo, che ci siamo mossi benissimo con i mezzi pubblici sia comprando il biglietto online sia acquistandoli direttamente in loco e la lingua non è mai stata un problema.


Il Montenegro è davvero bello ma la Bosnia mi ha colpito infinitamente e nel mio cuore rimarrà per sempre il vecchietto che mi ha cucinato le verdure più buone del mondo con i suoi occhi buoni ma cosi tristi.

sabato 17 giugno 2017

Non guardarmi, non voglio vederti.

Mi lascia molto perplessa come i nostri cosiddetti giornalisti usino la tragedia avvenuta a Londra titolando che la causa della morte dei due italiani sia dovuta alle condizioni economiche poco favorevoli qui in Italia...il motivo della loro morte è stato l'utilizzo di materiali economici e altamente infiammabili per migliorare l'estetica del palazzo che i ricconi non volevano vedere, il motivo della loro morte è perché si è voluto rendere più "dignitoso" un quartiere, era per nascondere la povertà, la bruttezza, per isolare gli appestati dai ricchi che sono cosi delicati da essere disturbati da un palazzo brutto, la colpa è del comune di Londra che atti alla mano ha firmato le carte in cui si diceva che per risparmiare è stato  usato un materiale non adatto, un materiale che può" trasformarsi in una specie di camino, creando una cavità, un’intercapedine di 25/30 mm tra la cavità isolata e la copertura esterna; qui si crea come un tunnel del vento, che intrappola tutto il materiale infiammabile; alla fine ti trovi ad avere una cavità con un fuoco che cova dentro. All'improvviso può accendersi e propagarsi immediatamente"(cit).

In Italia le condizioni lavorative fanno schifo, abbiamo contratti inesistenti, siamo sottopagati, conta a che ora esci dal lavoro, la quantità e non la qualità del lavoro, quanto lecchi il culo per fare carriera, e siamo anche presi per il culo dai nostri amati politici che ci chiamano "mammoni" e "choosy" quando per vivere da soli stenti ad arrivare a fine lavorando full time e mettendo da parte la tua vita, e potrei continuare e continuare.

Ma no, il problema in questo caso non è dell' Italia ma dell'azienda londinese che ha effettuato i lavori, di chi doveva controllare e non l'ha fatto chiedendosi come mai i lavori di ristrutturazione siano stati valutati 8 milioni e costati solo 1 (con un grande guadagno dell'azienda appaltatrice), del fatto che l'azienda che ha fatto la ristrutturazione è fallita un anno dopo ed è stata inglobata in quella che le aveva dato il lavoro ma soprattutto...il problema della morte di tutte le persone in quel grattacielo è la superficialità estetica a cui siamo arrivati.

Essere belli dentro non è più un requisito essenziale, l'importante è esserlo fuori e quando si invitano gli amici per un tè non bisogna vergognarsi del palazzo dei poveri di fronte casa.

Mia cari giornalisti invece di attirare l'attenzione con dei titoloni che fanno effetto cominciate a denunciare la nostra situazione economica, lavorativa, sociale in maniera seria, cominciate ad occuparvi di aziende che non fanno il proprio lavoro mettendo a rischio migliaia di persone, non solo in queste occasioni "facili", cominciate ad accusare realmente le situazioni altrimenti fate un favore a voi e alla famiglia dei ragazzi...tacete.



Ve ne saranno grati. (Io in primis)

martedì 31 maggio 2016

La società dei carnefici

Leggo con una certa preoccupazione e incazzatura quello che i nostri cosiddetti giornalisti scrivono riguarda Sara, la ragazza bruciata viva non da un serial killer ma dal suo ex fidanzato. SE Sara avesse capito che lui era pazzo, SE Sara avesse denunciato le sue ossessioni, certo MICA l'aveva picchiata però cavoletti Sara pure te potevi capirlo che se ti scriveva 100 volte al giorno probabilmente ti avrebbe ucciso e anzi arso viva. 

Peccato che ogni volta che una donna va a denunciare molestie (e RICORDO che la molestia non è solo fisica ma anche mentale) sembra che sia la solita povera principessa dal cuore infranto e che si stia inventando tutto, peccato che l'anno scorso molte delle donne uccise dai propri compagni o ex compagni AVESSERO DENUNCIATO questi comportamenti alla polizia ma NON erano state prese sul serio perché tanto "signorì e daje non esageri, ci sono cose più importanti di cui preoccuparsi".

Peccato che quando le donne subiscono uno STUPRO sono loro le prime ad essere accusate, per come erano vestite, per quello che dicevano, se avevano una scollatura provocante, se quello era ubriaco e ha capito male i segnali. Ancora ricordo quando lessi che le ragazze massacrate al Circeo se lo erano cercate perché erano andate a casa con 3 uomini, peccato che fossero LORO AMICI.
E volendo allargare il discorso, una delle serie più amate dal pubblico Game of Throne non fa altro che esaltare lo stupro visto che lo rende normale, e anzi scontato.

Il punto centrale  è che la società non accusa chi ammazza, chi violenta, chi molesta, chi ti segue, ma parte dal presupposto che la colpa sia della vittima.
La società ci ha insegnato che è normale che tuo marito possa urlarti o picchiarti a casa “perché lui lavora tanto”, che possa volere sesso quando tu non vuoi ma non si tratta di violenza “perché siete sposati” , che possa mollarti a casa con i tuoi figli e uscire con gli amici “perché tu sei la mamma no?” e via dicendo…Cosa c’entra con Sara? TUTTO. 

Perchè Sara non aveva colpe, Sara non poteva pensare che un suo ex l'avrebbe uccisa, perchè Sara era solo una ragazzina che non vedeva il male nelle persone.

Perché se io fossi stata un giornalista serio non mi sarei posta il problema di Sara che non ha capito e che avrebbe potuto salvarsi, ma avrei capito chi è quel mostro che l’ha uccisa.
Se fossi un giornalista serio aspetterei di vedere che punizione gli sarà inflitta e quando uscirà per buona condotta o peggio “perché sig. Giudice l’alcool era uno scherzo e la sigaretta mi è caduta per sbaglio” allora li farei il finimondo.

Quello che invece insegnerei alle piccole Sara di questo mondo è che l’amore ha tante sfaccettature ma quando ti fa del male, mentale e fisico, quando blocca la tua libertà NON è amore, e anche contro tutti quelli che vi vedono “come una bella coppia”, contro la mamma che vi vuole vedere sposate, contro le amiche che ti dicono che “non ti accontenti mai” bisogna alzare la mano, parlarne con qualcuno anche esterno alla famiglia e SOPRATTUTTO non vergognarsi di lui, non proteggerlo davanti agli occhi degli altri perché non siete voi la causa del male ma sarete le uniche a subirlo.

mercoledì 2 dicembre 2015

Il rispetto passa anche dalla tavola?

Il rispetto per gli altri passa anche dalla tavola? 

Me lo sono chiesto spesso in questo anno, anno in cui la mia vita alimentare è cambiata avendo deciso di diventare vegetariana.
Non so bene se il termine “avere deciso” sia esatto, è una sensazione che ho sempre avuto dentro di me ma per comodità ho preferito non darle peso, non pensarci troppo. Poi la sensazione è diventata troppo forte, quella vocina dentro di me mi ha chiaramente detto che c’era qualcosa che non andava e cosi ho fatto finalmente il passo.

Pensavo che le maggiori difficoltà sarebbero state date dalla mancanza della carne o del pesce ed invece eliminare quel cibo è stato totalmente naturale. Le maggiori difficoltà sono derivati dai miei “commensali”, amici e parenti, che una volta saputo della mia scelta hanno sciorinato una marea di domande, critiche e a volte frasi fatte.

“ Io a voi non vi capisco” – nessuno te lo ha chiesto

“ A me piace il vitello bollito vivo e poi cotto” – ognuno ha i suoi gusti

“Non è che se non mangi una mucca salvi il mondo” – il mondo forse no, una mucca si

“ Non sai cosa ti perdi” – ehm si lo so, ho fatto questa scelta a 35 anni e nessuno mi ha costretto

“ Allora anche prendere l’autobus fa male all’ambiente” – le grandi conquiste si fanno passo dopo passo

Nessuno che mi abbia mai chiesto invece "Come ti senti?"

Ovviamente tutti questi discorsi nascono a tavola, dove la domanda principale “Perché sei vegetariana?” introduce il cibo.
Ora, secondo voi per quale motivo si sceglie di diventare vegetariani? Ma soprattutto perché me lo chiedete sempre e solo quando state per mordere una bistecca? Io, che per fortuna sono una persona educata ma anche e soprattutto perchè non mi interessa iniziare questo tipo di discorso che so esattamente dove porterà, declino dicendo che non credo sia il caso di parlarne a tavola e che se si è interessati se ne può parlare dopo.

Un dopo che non avviene quasi mai perché alla gente non frega nulla se sono vegetariana, vegana, crudista, carnivora, dinosaura, omicida…la gente deve farsi i fatti tuoi e criticare.

Stessa cosa avviene dalla parte di persone vegane che mi hanno detto che in realtà essere vegetariani non ha molto senso e che è fare le cose a metà.

Ao ma che palle!!! Ma è possibile che una persona non possa vivere come vuole nel rispetto proprio ed altrui ricercando un proprio equilibrio? Perché la gente devo solamente criticare?

Criticare ogni scelta che considera sbagliata o peggio, che considera corretta ma è troppo pigra per farla, criticare ciò che gli mette paura, ciò che esula da quello che la nostra società impone.

Come ti vesti, cosa ti mangi, se ti tatui, se parti, se decidi di non sposarti o avere figli, se non vuoi un lavoro da schiavo o se vuoi semplicemente farti i cazzi tuoi, eccoli le persone che zac devono comunque dirti come la pensano quando nessuno aveva  mai richiesto la loro opinione.

Ma mentre delle cose sopracitate ormai ne avevo fatto l’abitudine, questa mia nuova dimensione mi ha portato a contatto con una realtà che avevo sottovalutato.

Non siete d’accordo con la mia scelta? Va bene.


Non vi chiedo di capirla o di accettarla, vi chiedo solo di avere rispetto per me – e possibilmente di farmi mangiare in santa pace.

sabato 21 novembre 2015

Cosa ho imparato dal terrorismo

Stasera mi sono fatta una delle domande più strane della mia vita...il terrorismo può insegnarci qualcosa?

Gli ultimi avvenimenti hanno sconvolto il nostro equilibrio, hanno aperto un varco di paura in quel velo di ignoranza che tutti noi avevamo creato.
Ignoranza nel non vedere cosa stava succedendo lontano da noi, ignoranza nel credere di essere dei buoni samaritani solamente perché postiamo su Facebook foto di gente morta con la minaccia "se anche tu sei buono condividi questa foto", di cani abbandonanti, di vecchietti lasciati al freddo...

Gli attentati di Parigi ci hanno sconvolto in maniera quasi paradossale, ridicola, perché sono anni che vediamo bambini/donne/uomini violentati, picchiati, torturati, uccisi in Siria, Nigeria, Afghanistan, Ghana e tanti troppi altri paesi...eppure gli attentati di Parigi hanno fatto luce su una realtà ancora più sconvolgente.

Se la legge è uguale per tutti, non lo è la morte.

La morte ha un colore e non è quello rosso del sangue ma è quello della pelle, è quello della bandiera del paese che si decide di postare su Facebook, è quello di chi decide se la tua vita vale più o meno di un'altra.

Gli attentati di Parigi hanno portato alla luce la violenza che vive dentro di noi, di chi inneggia alla guerra, al "mandiamoli a casa", gente che invece di piangere i morti e onorare il loro ricordo ha finalmente trovato una occasione e una scusa con cui poter esprimere la loro rabbia verso gli stranieri.
E se i terroristi mi fanno paura queste persone me ne fanno ancora di più, perché combattere contro l'ignoranza è più complicato che farlo contro le armi.

E l'ignoranza è linfa vitale per il terrore.

Pur essendo ormai abituati (che brutta parola) alla violenza e alla guerra, Parigi ci ha toccato profondamente perché Parigi è come noi, una città "normale", dove la guerra non esiste.....in Siria è all'ordine del giorno per cui una bomba in più o in meno cosa cambia? Ma se una città come Parigi viene attaccata allora lo saremo anche noi?
L'idea che uscendo per vedere un concerto si possa non tornare più a casa ha un impatto devastante sulla nostra psiche e su come viviamo o meglio vivremo da oggi in poi la nostra quotidianità.

Non so se i terroristi colpiranno anche qui, so che il terrorismo è già arrivato e ha portato la paura, un sentimento che non vorremmo mai vivere e ha rianimato l'odio, un sentimento che non dovremmo più avere.

La guerra non ci ha insegnato nulla? No.
E il terrorismo può farlo? Si.

Mi ha insegnato che non importa di che religione, colore, città sei, quando la paura ti entra dentro la tua vita cambia.  

Non ho risposte a come fermare questa ondata di violenza, a come fermarla perché temo non si fermerà mai, semplicemente perché fa comodo a molti (e mi fermo qui perché non voglio entrare in discorsi politici/economici) ma quello che noi possiamo fare è vivere senza paura.

Paura del giudizio, paura di non soddisfare le aspettative altrui, paura di fare un passo indietro per farne 2 avanti, paura di rimanere ancorata a una vita che non ci appartiene, paura della paura...

Quello che noi possiamo fare per onorare le vittime di questi atti senza onore, è vivere quella vita che loro non hanno potuto, continuare ad uscire sorseggiando quel bicchiere di vino che non hanno potuto finire, giocare, ridere, viaggiare e portare un pò di loro sempre con noi, usando la nostra paura come spinta per andare avanti rendendo il tempo che abbiamo prezioso.

Brindo a voi, colpiti nella maniera più bieca possibile, che la vostra luce si accompagni al nostro buio guidandoci nel cammino che ci è ancora rimasto su questo pazzo e bellissimo mondo.

Usiku mwema
Bonne nuit

Barbara




domenica 7 luglio 2013

Torrentismo:uno sport..daaa paura :-)

Perché no? Questa è stata la mia prima reazione (ed ormai filosofia di vita) quando un mio amico mi ha proposto di fare torrentismo (detto anche canyoing). Per chi non lo sapesse o per chi come me lo ha scoperto da poco, il torrentismo consiste nello scendere all’interno di strette gole (dette forre o canyon) percorse da corsi d’acqua più o meno potenti, trovandosi quindi ad attraversare scivoli, laghetti, discendere su cascate o tuffi vari.
A prescindere dalla difficoltà del percorso la cosa più pericolosa è che una volta iniziato il canyon l’unico modo per uscirne è alla fine, per cui non è possibile risalire in caso di emergenza. La cosa più bella è che solo attraverso questo sport si possono vedere e scoprire dei luoghi meravigliosi altrimenti inaccessibili.
Sabato mattina io e questo mio amico siamo partiti in direzione Valnerina per la Fossa del Casco dove avevamo appuntamento con Roberto, dell’Associazione Recovery Energy.
All’ inizio avevo capito che si sarebbe trattato di tuffi ma poi ho scoperto che il percorso si snodava attraverso una lunga forra e 12 calate (ovvero i punti di discesa che nel nostro caso erano composti da cascate). Non posso nascondere la paura iniziale, sentivo il cuore battere fortissimo e come sempre capita ho dubitato di me stessa e della mia capacità fisica. Ed invece alla prima discesa ho provato una sensazione pazzesca, un miscuglio di paura ed eccitazione quando capisci che devi fidarti di te stessa, dell’istruttore che ti prepara la corda e dell’attrezzatura.
Immaginate di essere dentro un cunicolo pieno di acqua, camminare all’ interno di esso, è bellissimo, sei dentro la roccia scavata da anni di passaggio di acqua, ti senti piccolo ma emozionato ed al tempo stesso sicuro perché hai la roccia che ti protegge…e poi arrivi alla fine del cunicolo e vedi il cielo e nient’altro… ti affacci e vedi che il cunicolo finisce in una cascata di 28 metri, lunghissima, bellissima che va giù come le montagne russe…e l’istruttore ti sorride e ti dice “sei pronta a scendere?”
In quel momento credo che la mia faccia rappresentasse la paura pura, guardavo giù e non credevo di essere li, davvero mi ero messa a scendere dalle cascate con una corda e un imbrago intorno alla vita? E poi capisci che lo devi fare ma lo devi fare bene, devi vivere quel momento appieno e ti devi fidare di te stesso, del tuo istruttore e della corda…una piccola colorata corda che ti sorregge per tutto il tempo.
E cosi arrivi e punti i piedi, ti metti in sicurezza con la long (una corda legata al tuo imbraco che serve a tenerti ferma mentre stanno legando la corda al discensore, uno strumento a forma di 8 fatto di metallo dove viene passata la corda per la discesa), poi ti giri, stacchi la long e ti butti all’ indietro nel vuoto pensando “fidati della corda” e dopo pochi secondi la corda ti tiene e sei pronta a scendere…beh quei pochi secondi sono stati i più paurosi ed eccitanti, per dodici volte ho sentito un esplosione nella mia pancia, non pensavo più di testa ma di istinto e la paura mista all'emozione era una sensazione bellissima.
Ma non era solo adrenalina allo stato puro, era consapevolezza di me stessa, era la forza di superare il proprio limite, la propria paura. A una calata, particolarmente ripida, bisognava mettersi in piedi su uno sperone di roccia ed aspettare di essere incordati. All'inizio panico, non riuscivo a trovare la posizione, avevo paura di scivolare ma poi mi sono fermata, sono tornata indietro e ho ricominciato di nuovo, fiduciosa delle mie capacità, orgogliosa di me stessa e ci sono riuscita.
Vincere le proprie paure che sono là con te, che non puoi nascondere sotto un tappeto perché devi uscire da quel canyon e devi farlo proprio passando attraverso quel muro di paure che vorresti evitare. E quando lo fai ti senti libero.
Ho voluto condividere questa mia esperienza perché proprio io, la bambina paffutella che era cosi insicura di tutto, di se stessa, del proprio corpo negli ultimi anni ha deciso di provarle tutte, piano piano, e ha scoperto che non ‘è cosi tanto male e riesce dove non pensava di riuscire.
Non ho scritto questo per darmi delle arie o con falsa modestia ma per condividere con altri questa esperienza e dire che tutti dovremmo fare qualcosa che ci fa paura  (ovviamente in sicurezza) per metterci alla prova, e vedere davvero quanto valiamo. Io ho deciso di farlo oggi, a contatto con la natura, e adesso, pur se dolorante e con qualche livido non vedo l’ora di rifarlo, di scendere da qualche cascata ed avere paura di nuovo, per combattere contro il mio cervello e dedicare la vittoria a me stessa.
E posso dire di essere orgogliosa anche del mio amico che ha sfidato le sue di paure e ha vinto alla grande!
Se vi va di scoprire la natura attraverso questo sport fatelo con Roberto e la sua squadra, bravissimi, pazienti e sempre con il sorriso!

http://www.recovery-energy.it


La foto non è mia, l'ho presa da Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/File:Vallon_de_Grana_(Valle_Roya_-_Francia).jpg - le mie arriveranno a breve